RECENSIONE "D'argine al male" di Gaia Conventi

Titolo: D’argine del male
Autrice: Gaia Conventi
Editore: Le mezzelane casa editrice
Genere: Horror
Formato: ebook/cartaceo
Prezzo:  4.99 €
Data pubblicazione: 14 giugno 2017
Protagonisti: Iolanda, Giovanni, Francesca

Gaia Conventi è nata a Goro (FE) nel 1974 ed è diplomata al Liceo scientifico. Ha frequentato Scienze dell'educazione all'università di Ferrara, facoltà che ha lasciato per lavorare come metalmeccanico alle Poste Elettroniche di Bologna. È stata anche pescatore di vongole e barbiere. Ha vissuto per un decennio a Ferrara per poi trasferirsi a Copparo, dove collabora alle iniziative culturali della Biblioteca Comunale. I suoi testi sono sempre ambientati a Ferrara e nella provincia, come omaggio ai luoghi e alle persone che ama. Ha iniziato a scrivere gialli nel 2003 per ovviare a una giornata di pioggia.
Ha pubblicato diversi romanzi e antologie: con Stefano Borghi le raccolte mistery Sulfureo racconti in giallo e nero (Edizioni Edigiò, 2007), Chiaro di lama (Edizioni Edigiò, 2008), I deliziosi delitti di LittleTown (Edizioni Edigiò, 2009); il breve romanzo storico Enigma pagano (Edizioni Carta e Penna, 2008), ancora con Stefano Borghi; i gialli comici Una scomoda indagine e un cane fetente (Caravaggio Editore, 2008) – vincitore del Piemonte Noir 2008 –, La morte in pentola (Edizioni Forme Libere, 2010) – secondo classificato al Premio Nazionale di Arti Letterarie 2009 e vincitore del premio Passi nel buio 2009 –; il noir erotico CipriaVaniglia (Edizioni Damster, 2011), scritto con Maria Silvia Avanzato e vincitore dell'Eroxè Context 2011; il giallo comico Giallo di zucca (Betelgeuse Editore, 2013) – terzo classificato al concorso nazionale Delitto d'autore 2009, finalista al premio Dal manoscritto al libro III edizione di Perrone Editore, menzione d'onore nella sezione editi di Garfagnana in Giallo 2013 e secondo classificato al Premio Internazionale Giornalistico di Ferrara –; il volume Novelle col morto (Betelgeuse Editore, 2014) che raccoglie due brevi romanzi gialli dal taglio comico. I suoi racconti sono presenti in molte antologie: Lama e Trama 2010, Orme Gialle 2010, Riso Nero, Melissa il fantasma dell’A4 - antologia tributo a Danilo Arona, Nero per 9.
Nel 2009 ha vinto il MystFest - Gran Giallo Città di Cattolica col racconto La morte scivola sotto la pelle (Giallo Mondadori n° 2993) e nel 2010 è tornata in finale col racconto inedito Dieci insonni nel limo.
Nel 2015 è stata tra gli organizzatori del festival letterario GialloFerrara e segretaria del concorso letterario nazionale Giallo Ferace. Dal 2015 segue in qualità di fotografo il campionato italiano di tiro dinamico sportivo. I suoi resoconti dai campi di gara si trovano sul giornale online Il Mostardino. Sul web si è occupata di editoria e recensioni per i lit-blog La poesia e lo spirito e Sul Romanzo, sul suo blog Giramenti pubblica recensioni librarie e gallerie fotografiche.
Ha da sempre l'hobby della fotografia, legge di continuo e quando può parte all'avventura. Negli anni ha stabilito che la meta importa poco, ovunque ci sono cose curiose da fotografare e persone interessanti da conoscere. Dal 1998 è sposata con un musicista, da molto prima ascolta canzoni italiane degli anni Trenta.

Nell'estremo lembo della provincia ferrarese, dove il Po incontra il mare, Giovanni e Iolanda, fratelli e nemici, devono patteggiare per sopravvivere. La loro casa è nascosta nella golena; lì accanto il cimitero. Il Po e l'Adriatico scandiscono ore e stagioni come le campane a morto segnano i giorni dei protagonisti. Lui con un passato di ricoveri psichiatrici, lei priva di uno scopo e intenzionata a trovarne uno. Morendo, la madre ha lasciato dietro di sé le macerie di un morboso attaccamento alla figlia e Giovanni ora può finalmente far scontare alla sorella anni di materne angherie. Ma non sarà questo a innescare il meccanismo che li porterà allo scontro, perché mentre Giovanni trama Iolanda agisce: rimasta senza la madre da accudire, l'anziana donna cerca una bambola a cui prestare attenzioni:Francesca, una bambola viva. Sarà lei a riportare a galla il marcio che cova nel passato di Giovanni e Iolanda. Divisi seppur inscindibili, ma nella vecchia casa non c'è spazio per entrambi.


Ciao ragazze eccoci nuovamente qui.
Cambiamo genere e buttiamoci a capo fitto in un horror. Chiamarlo horror forse è riduttivo, possiamo anche inserirlo nei thriller psicologici. Il titolo del libro è “D’argine al male” scritto da Gaia Conventi.
La storia si svolge nel nord Italia a Goro, vicino alla foce del Po. La descrizione dei luoghi è minuziosa tanto che sembra di essere lì sulle rive del fiume a pedalare insieme a Giovanni in quella strada che divide la casa in cui è nato e cresciuto dal paese. La vecchia dimora poi, nascosta dietro un’alta siepe da sguardi indiscreti sita accanto al cimitero, dove vivono lui e la sorella Iolanda, ho imparato a conoscerla, a odiarla ad averne paura. La legnaia, la stanza della madre tutto così reale.
Iolanda e Giovanni sono due fratelli costretti a condividere lo stesso tetto. Si odiano eppure nessuno dei due può fare a meno dell’altro. Il loro è un rapporto in simbiosi che nasconde un conflitto profondo causato dalla madre.
Giovanni vive un’infanzia segnata dal rifiuto della madre di amarlo, alcune volte lei nega anche la sua stessa esistenza, non lo vuole accanto, per lui non ci sono giocattoli o carezze. Giovanni non riesce a gestire tanto dolore, la totale assenza di affetto nei suoi confronti è devastante, tanto più che quella stessa donna che lo rifiuta fa di tutto pur di tenere Iolanda accanto a sé.  La sua giovane mente non riesce a comprendere tanto astio e si ripiega su se stessa sfogando in una vera e propria patologia che in più di un’occasione lo costringerà a essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico. E quella madre che tanto lo detesta aspetta sempre con ansia il suo ritorno.
Iolanda non ha avuto una giovinezza migliore di quella di Giovanni. Oh sì, la madre la voleva accanto, per lei venivano acquistate bambole, ma tutto ha un prezzo. Il prezzo che Iolanda fu costretta a pagare fu la sua libertà. A lei non era consentito andare a scuola, a lei era proibito superare la siepe che delimita il giardino perché, come diceva la mamma, il mondo al di fuori è pericoloso. Iolanda non è mai stata a Goro, non ha mai avuto amici, tutta la sua esistenza era stata concepita per vivere con e per la madre. Una madre che le ha succhiato l’anima e qualunque sogno, una madre che l’ha plasmata rendendola, in punto di morte, la sua infermiera, l’unica che può toccarla e che sa come prendersi cura di lei. Quando giunge l’inevitabile e la morte si porta via la mamma, Iolanda non sa che fare, la sua vita per com’era stata costruita non esiste più. Che fare? Come impegnare il tempo? Di chi prendersi cura? Questi sono gli interrogativi a cui Iolanda non sa dare risposta. Certo c’è Giovanni ma il loro rapporto è minato da una sorta d’invidia che non permette loro di avvicinarsi. In fondo come può Giovanni provare affetto verso colei che ha rubava tutte le attenzioni della madre.


“…mamma non aveva più bisogno di lei, ma Iolanda aveva bisogno di qualcuno. Chiunque fosse doveva dipendere da lei, come Iolanda dipendeva da Giovanni. Era questo lo schema che univa tutti loro.”

Iolanda una soluzione la trova, forse non è delle migliori, forse Giovanni non ne sarà contento, ma a lei che importa, tanto lui non lo saprà mai in ogni caso. A Iolanda serve una bambola. Le serve qualcosa da accudire, che la faccia sentire nuovamente utile, è qui che entra in scena Francesca, la bambola che darà un nuovo scopo a Iolanda.

“La casa chiuse gli occhi con la bambola, mentre al piano inferiore quattro occhi si fronteggiavano.”


“La casa accolse Francesca come una bara vuota alla ricerca del suo occupante.”


La scena con cui si apre il libro è una scena di sangue. Sangue che impregna ogni cosa, che tinge di rosso ogni cosa. È il sangue di Francesca a sporcare, a inondare le vite di Giovanni e Iolanda.


“Il piede rimaneva immobile, chiedendosi perché gli fosse stata levata la vita.”

Penserete che vi abbia raccontato troppo, ma credetemi non è così. Le parti più importanti le ho tenute per me, quelle ragazze dovrete leggerle voi.
Non vi nascondo che all’inizio il libro non mi aveva preso molto, ho faticato un po’ a seguire i ragionamenti farraginosi dei due protagonisti, con una scrittura volutamente caotica che mi ha messo a dura prova, ma che rende perfettamente la follia che aleggia nelle loro menti.
Questo libro mi ha disorientato, credevo che fosse un giallo un po’ splatter, data la prima scena, credevo di aver compreso. Credevo… ma non avevo capito.
A metà libro tutto sembra chiaro, ho pensato ho capito tutto e subito, sono bravissima. E invece no. Le carte si mescolano e tutto è nuovamente in gioco.
Un libro breve che vi catapulterà in un piccolo spaccato dove topi e sangue sono una componente importante del puzzle, dove l’odore dell’alcol denaturato v’impregnerà le narici rendendovi molto più che semplici spettatori.
È un horror, certo, ma la cosa veramente spaventosa è la solitudine cui Giovanni e Iolanda sono condannati.
Buona lettura e non guardate sotto la siepe. Capirete anche questa dopo aver letto il libro.
 A presto.


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